Provaci ancora, Sam

domenica 31 agosto 2008
Fra il piacere di scrivere e il saper scrivere ci passano oltre 110 milioni di siti personali (fonte: Vanity Fair a pag. 37) più noti con il nome di blog.
Ho sempre creduto di aver la capacità di saper tradurre in segni sulla carta sentimenti, emozioni. Ho sempre creduto di essere capace di organizzare i miei pensieri e di saperli esprimere riuscendo a raccontare storie.
La verità è che l'ho creduto finché non ho cominciato a far leggere quello che scrivo. Finché non mi sono misurata con il mondo che ho intorno. E devo ammettere che mi sono molto ricreduta sulle mie capacità (fonte: le statistiche di lettura del mio blog).
Ho deciso però di darmi ancora qualche chance. Iniziando ammettendo di non essere molto brava nelle pubbliche relazioni e di non riuscire ad essere costante nel perseguire i miei obiettivi.
Così prima di tutto ho scritto qualcosa, e adesso me lo pubblicizzo un po'.
Perchè prima di abbandonare tutto devo essere proprio sicura di non esserne capace.
La Yamamay sponsorizza il concorso "Poesia Mediterranea". In realtà non si vince nulla, ma vorrei sapere cosa ne pensate della mia poesia.
Per poterlo fare dovrete iscrivervi e poi votare, ma tranquilli: non credo vi potrà succedere nulla di più che vedere la vostra posta elettronica invasa da cataloghi di mutande in pizzo e reggiseni a balconcino. E potrebbe non essere un male.

Cartolina dalle vacanze

sabato 23 agosto 2008


Giorno cinque dell'anno zero

giovedì 21 agosto 2008
Ti svegli ancora nella tua cameretta e senti come una specie di claustrofobia.
Cosa ci fai ancora qui? Poi ricordi che sei in ferie, che adesso sei grande, ma entrando in cucina ripiombi in quel senso di inadeguatezza che hai faticato a scrollarti di dosso.
Sei di nuovo parte della famiglia, devi nuovamente adeguarti alle regole.
Tua madre continua a metterti al corrente dei matrimoni di gente che hai conosciuto, o che addirittura hai visto crescere.
Continua a tenere il conto di chi è diventato avvocato o dottore, o "semplicemente" insegnante.
Tu non sei fra questi.
Fai un lavoro che lei non capisce e di cui non riesce a vantarsi con le amiche.
Solo l'idea di sputtanare migliaia di euro in un giorno inutile quanto un matrimonio ti fa venire l'orticaria, per non parlare dell'idea di sfornare piccole pesti che cresceranno diventando adulti problematici e insoddisfatti.
Riassumendo: la figlia che nessuno vorrebbe avere.
Passi l'intera giornata con lo stato d'animo di una quindicenne depressa, raccontandoti la favoletta che non sei mediocre così come ti considerano.
Nell'aria l'odore di foglie di nocciolo bruciate ti ricorda che la fine di agosto coincideva con la partenza da casa per raggiungere l'università, dove vivevi il resto dell'anno.
E' ora di partire. Il viaggio rimetterà tutte le cose in equilibrio. Ci sarà il momento della nostalgia e del ricordo. E quando tornerai scoprirai che nulla è cambiato.
In fondo non sei riuscita a cambiare neanche tu.

Giorno quattro dell'anno zero

mercoledì 20 agosto 2008
La sveglia è sempre troppo presto, ma il corpo è ancora sintonizzato su una frequenza che non comprendi e che non ti sforzi più di coprendere.
Stamattina però hai un leggero mal di schiena. Il fantastico materasso usato troppo poco si mantiene inflessibile sulle sue posizioni, e alzarsi è un disastro.
Arrivi in cucina, e l'odore della sigaretta che papà si ostina a fumare subito dopo la colazione nonostante tu abbia smesso da anni e la cosa oltre che infastidirti, ti da' un leggero senso di vomito, non ti rimane più indifferente, ma ti fa pensare che nonostante la lontananza e il bene che gli vuoi, vorresti che quella maledetta sigaretta gli andasse di traverso una volta per tutte.
E già rimpiangi la tua solitaria colazione silenziosa.
Anche oggi sei costretta appena sveglia a pianificare pranzo, pomeriggio, cena e dopocena: dove vai, cosa hai voglia di fare, dove si mangia, con chi e, soprattutto, che cosa.
Il verbo mangiare evoca visioni di dantesca memoria, con te costretta a ingurgitare dall'antipasto all'ammazzacaffè sempre con la serena espressione di un budda sovrappeso. Vietatissimo declinare inviti, pericoloso rifiutare il piatto di portata.
Per sfuggire alla ripetizione infinita del gioco "guarda chi è venuto a trovarci" si decide per una passeggiata al centro commerciale.
In questa zona non si può neanche immaginare quanti ne siano stati costruiti.
Uno più meraviglioso dell'altro.
E a me tocca l'ultimo inaugurato. Cosa che il Grandemilia* è la lotta impari fra Davide e Golia, e nessuna mossa furba potrà tirarmi fuori di lì prima di almeno 6 ore.
Guai a non prendere nota (almeno mentale) del numero, lettera del parcheggio e nome dell'ingresso. Perchè se malauguratamente esci da un'altra delle grandi 4 porte e ti avventuri fra asfalto e strisce bianche "tanto prima o poi girando girando la trovo", ti troverai costretto a chiamare qualcuno che venga a recuperarti.
Non sono prevenuta su questi grossi centri, ma mi domando qui al sud perchè ne costruiscono così tanti, e soprattuto così grossi. Io un centro commerciale così mi aspetto di trovarlo a Tokio o a New York. Scale di vetro, negozi a tre piani, addrittura il trenino per girarlo come all'italia in miniatura. Mentre cammino in queste gallerie immense mi immagino in una veduta aerea come l'omino stilizzato che l'architetto ha immaginato nel suo progetto.
Talmente incredula da non essere riuscita a comprare nulla.
E chi mi segue da un po' sa che questo è una specie di miracolo.


*mi scuso con chi non ne conosce le dimensioni

Giorno tre dell'anno zero

martedì 19 agosto 2008
Non sai più dove dividerti per pranzo e cena. Tutti vorrebbero ospitarti a casa, per invidiarti la linea e rovinartela con tutto quello che da sola non ti cucini, sottointendendo "perchè non sei capace".
E con i (pochi) vecchi amici rimasti cosa si fa se non sedersi a tavola a raccontarsi ricordi e confidarsi progetti davanti a piatti tipici che "al nord non sanno neanche cosa è".
Ti lasci trascinare. Il cibo è invitante e bere abbatte un po' di barriere, create dal tempo e dalla lontananza.
Immancabile la festa al paese. Quando vivevi qui erano le serate per tornare più tardi a casa e magari incontrare il ragazzetto che ti piaceva tanto e che riuscivi a vedere solo fuori scuola. Con il tempo era diventata prima l'occasione per farsi guardare, poi l'occasione da cui sfuggire. Tutto il paese che non aspetta altro che la festa per sparlare e spettegolare su chiunque capiti a tiro d'occhio, conosciuto e non.
Ora guardi le luci montate ai lati della strada a formare archi colorati e luccicanti come quando di anni ne avevi 10 e ti eri appena trasferita in questo posto: con gli occhi sgranati e la bocca aperta.
Cammini per le strade strette invase da quelle che una volta erano le persone con cui condividevi la residenza e poco più, tentando inutilmente di scorgere facce conosciute.
E gli odori: odore di zucchero filato di caramelle e spiga cotta. E poi quello del "per e o' muss" e quello di pizzelle e panzerotti.
E' qui che ti fermi, con 1 euro puoi avere a scelta 5 panzerotti o 5 pizzelle, oppure un misto.
Ne compri 4 euro, e non importa se il venditore con le stesse mani con cui maneggia i soldi infila nel sacchetto di carta panzerotti e pizzelle, fritte in un olio che avrebbe urgentemente bisogno del tagliando. Anche per stasera la bilancia è un marchingegno da dimenticare.

Un giorno perfetto (2008)

lunedì 18 agosto 2008
05 settembre 2008 segnate la data sul calendario.
Se avete sempre saputo che Antonia sarebbe tornata sul finale di "Le fate ignoranti", se vi ha commosso la storia di Davide ne "La finestra di fronte", se "Saturno Contro" vi ha lasciato quella punta di amaro in bocca che solo la vita riesce a dare, credo che valga la pena di lasciarsi andare alla visione del nuovo film di Ferzan Ozpetek.



Di trailer su you tube ne trovate ancora. Buona visione.

Giorno due dell'anno zero

Apri gli occhi troppo presto per essere in vacanza, ma hai il fuso orario sballato, da jet leg.
Ti stiracchi e godi della consistenza del materasso che nessuno utilizza per 300 giorni all'anno.
Ti rigiri annusando l'odore delle lenzuola, che non è necessariamente buono, ma è quello dei tuoi ricordi: il profumo quasi inesistente del detersivo, che tua madre odia e che elimina con almeno tre risciacqui, mischiato all'odore del fumo dei camini che gli regala l'essere stato steso sul tetto.
E' tutto esattamente come te lo ricordi.
Mancano un po' di libri dalla tua libreria, ma sono passati anni dalla laurea, e quelli belli li hai portati via con te, appesantendo la valigia, ma riempiendo la tua nuova casa di facce familiari.
Arrivi in cucina con addosso una camicia da notte di cotone bianco che è stata di tua nonna, che hai lasciato per quando vieni qui, per poterla abbracciare ogni volta che torni anche se lei se ne è andata tanti anni fa.
Esclami "buongiorno" sorridendo, la colazione è un rito che va compiuto con calma, sorseggiando caffè e pianificando la giornata: dove andare a fare la spesa, cosa si mangia, quanti saremo a tavola.
Hai fatto in modo che i parenti non si aspettino una tua visita ogni volta che torni, per evitare ettolitri di caffè e chili di dolci con conseguente aumento di glicemia e gastrite.
Solo le nipotine meritano regalo, coccole e foto da portare via, per sostiture quelle della visita precedente e constatare che vederle crescere a singhiozzo non toglie forza e intensità all'affetto.
La sera della giorno due cala velocemente.
Stasera si mangia la pizza. Quella vera.

Giorno uno dell'anno zero

domenica 17 agosto 2008
Manco da troppo tempo. Cosa ho fatto? Non vi annoio.
Però c'è una cosa interessante in questo viaggio: ovunque io possa andare, qualsiasi posto io possa vedere, da qualsiasi posto mi lascio vivere per un po', ritorno da dove sto scrivendo.
Torno a casa, torno al sud, torno al punto di partenza.
Giorno uno.
Il giorno emozionante. Saluti come di ritorno da una traversata oceanica con mezzi di fortuna. Baci abbracci e chiacchiere. Ci si racconta di tutto, anche le inezie. Si salutano i parenti conosciuti e si fa la conoscenza degli ultimi arrivati. Chi ti dice che non cambi mai, chi che ti fai sempre più bella, chi che dovresti dimagrire, chi che sei scheletrica, nessuno si fa i cazzi propri e si risponde a tutti, per tutti una bella parola. Si racconta di una quotidianità edulcorata dalla lontananza e corretta per l'occorrenza. Le cose importanti, quelle no, quelle non si dicono. Perché rovinare il magic moment. Tutti i dissapori e i motivi che ti hanno spinta a scappare via si polverizzano, e alla fine, stendendomi nel mio lettino nella mia cameretta sento anche di essere felice. E rido ancora, con la paresi da sorriso di circostanza per non far preoccupare nessuno, al massimo farmi solo invidiare un po'.