a volte succede anche così. te ne stai seduta sul divano di casa con la televisione accesa, tossicchiante e distratta, parte la pubblicità e una canzone attira la tua attenzione e ti fa alzare la testa.
le immagini scorrono senza riuscire a trovare corrispondenza nella memoria e poi succede. in un flash ricordi tutto: titolo della canzone, chi la cantava e dove l'hai sentita la prima volta.
e viene voglia di condividere il piacere della scoperta con chi passa di qui. anche solo per sbaglio.
e allora ecco: lou reed in perfect day in una scena del film trainspotting, di cui magari vi racconterò un'altra volta.
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"e così il leone si innamorò dell'agnello.
che agnello stupido
che leone pazzo e masochista"
diciamoci la verità: semplicemente non ho più l'età per dialoghi del genere.
il film è confezionato benissimo. un regalo per tutti gli adolescenti che sognano di avere storie d'amore così pure e travolgenti.
io credo di aver sghignazzato ad una scena si ed una no. in quelle no mi annoiavo a morte.
e la cosa più mostruosa che ho individuato era la pettinatura del protagonista.
credo che se rivedessi il film preferito della mia adolescenza "jack frusciante è uscito dal gruppo" non ne rimarrei estasiata come ne rimasi allora.
solo questione di età e punti di vista.

la storia è semplice: la protagonista torna a vivere nell'orfanotrofio dove è cresciuta prima di essere adottata, dove ha intenzione di creare una casa-famiglia. con lei il marito e Simon, il figlio adottato. ma nella casa strane presenze ci accompagnano fino all'epilogo sorprendente.
guillermo del toro si è talmente innamorato di questa storia tanto da produrlo e prestare il suo nome per il lancio.
la mia impressione è che da questa storia se ne potevano ricavare un paio di film. non ho trovato relazione fra le presunte molestie ricevute dai bambini e il loro relativo omicidio con occultamento di cadavere all'interno della tenuta, e la sparizione del bambino avvenuta, si scoprirà, per mano della mamma.
anzi, il finale conciliatorio poco si sposa con la scoperta che lei fa attraverso un percorso di immedesimazione spazio-temporale, mi sarei aspettata un piccolo Simon abbastanza incazzato con la cara mammina, altro che Wendy che torna all'isola che non c'è.
da riconoscere al cinema spagnolo il coraggio di investire in un'opera prima di un perfetto sconosciuto, continuando il filone del cinema horror inaugurato un po' di tempo fa da film come "darkness" e "il labirinto del fauno".
a proposito di "darkness": ho avuto l'impressione di essere tornata nella stessa casa.

Come deciso ho visto il secondo film in cui Daniel Craig veste i panni della spia britannica 007.
Cosa dire? Che lui è sempre più affascinante, sporco e cattivo.
E mi piace da morire.

sono dell'opinione che andare per un po' all'estero non significa solo vedere dei bei posti. credo che chi abbia l'opportunità di andare in un paese straniero dovrebbe sforzarsi anche di capire un po' "che aria tira", cosa di buono e diverso esiste in altri contesti e in altre realtà, e farne tesoro.
così mi ritrovo a vedere questo film che ha fatto ridere tutta la Francia, campione di incassi e scopro che oltralpe il rapporto nord-sud è vissuto in maniera diversa che da noi.
il sud dipinto come luogo privilegiato in cui vivere, dove fa caldo, la gente è ospitale e si sta benissimo; il nord invece un luogo freddo, inospitale, dove gli abitanti sono considerati dei sempliciotti semi-analfabeti e dove bisogna augurarsi di non nascere, tantomeno finirci a vivere.
fra gag e trovate anche esagerate, come solo gli stereotipi possono essere, si ride dei pregi e dei difetti degli abitanti del paesino di Bergues nel Nord-Pas de Calais, per poi constatare che "tutto il mondo è paese" e che vivere di pregiudizi preclude solo la scoperta di nuove opportunità e nuove possibilità.
dal punto di vista strettamente cinematografico credo che la traduzione dal francese non abbia reso giustizia agli equivoci lessicali in cui inciampa il protagonista, ma per chi come me il francese non lo parla neanche per sbaglio sarebbe stato del tutto inutile tentare di vederlo in lingua originale.
ovviamente non vedevo l'ora di parlarne ad Adolf, per comunicarle come in Francia il sud sia considerato un luogo privilegiato per vivere e il suo unico commento è stato:
- ma pensa te - (tipica espressione modenese che denota stupore)
che mi è parso suonasse come: - impossibile. evidentemente è SOLO un film. -
il post precedente su un presunto Pirata dei Caraibi 4 ha scatenato piermatteo a cui lascio volentieri questa precisazione, visto che le poche righe scritte in proposito lasciano adito a troppe congetture.
non è vero che i film della saga in questione non mi sono piaciuti.
il primo l'ho trovato esilarante, innovativo, bello da guardare. un film per bambini realizzato in maniera (a mio avviso) superba. sai: quando noti che gli attori fanno dei film leggeri solo per fare cassa oltre la stupidità della trama noti anche la poca partecipazione o la mala-recitazione. e non era tipo "il signore degli anelli" dove tutti si sono presi anche fin troppo sul serio. considero il primo pirati dei caraibi un ottimo film. davvero. poi il sequel e poi ancora. come va tanto di moda. e li ho visti tutti senza però ritrovarci la vena genuina del primo lungometraggio.
e così il quarto davvero non lo reggo.
anzi del terzo non avevo scritto neanche male. e nei commenti ero stata profetica.
non è vero che i film della saga in questione non mi sono piaciuti.
il primo l'ho trovato esilarante, innovativo, bello da guardare. un film per bambini realizzato in maniera (a mio avviso) superba. sai: quando noti che gli attori fanno dei film leggeri solo per fare cassa oltre la stupidità della trama noti anche la poca partecipazione o la mala-recitazione. e non era tipo "il signore degli anelli" dove tutti si sono presi anche fin troppo sul serio. considero il primo pirati dei caraibi un ottimo film. davvero. poi il sequel e poi ancora. come va tanto di moda. e li ho visti tutti senza però ritrovarci la vena genuina del primo lungometraggio.
e così il quarto davvero non lo reggo.
anzi del terzo non avevo scritto neanche male. e nei commenti ero stata profetica.

Ho ricevuto l'invito per questa proiezione a cui non posso partecipare per ovvi motivi logistici. Se qualcuno è interessato lo pubblico qui, e se ci andate: raccontatemi com'è.
La mal'ombra
di Andrea Segre e Francesco Cressati
Festival Internazionale del Film di Roma
Domenica 26 ottobre 2008 ore 19.00
Casa del Cinema
Largo Marcello Mastroianni, 1 - Roma
La proiezione del film si inserisce all'interno della sezione Fabbrica dei Progetti - New Cinema Network che ha selezionato il progetto del film "Shun Li e il poeta" di Andrea Segre.
Per ulteriori dettagli sull'evento:
http://2008.romacinemafest.org/catalogo.asp?ID_WEB_FILM=2412&where=26.10.2008&giorno=DOMENICA%2026

ma ne sentivamo davvero il bisogno?
sono d'accordo con Johnny quando dice che vuole essere protagonista di film che anche i suoi bambini possono vedere, ma vestire per la quarta volta i panni del pirata Jack Sparrow mi sembra una vera esagerazione. per quanto attraente, esilarante, scanzonato, simpatico e ironico possa essere ancora.

non è un film di fantascienza. non è un film da super-eroi.
è una commedia romantica e anche di quelle del filone triste.
lo sceneggiatore in un delirio di onnipotenza ha trasferito la sua ultima delusione d'amore in questo film: il lui della storia beve per dimenticare (che cosa poi non si sa, visto che soffre di amnesia), è stronzo (ma non diteglielo in faccia perchè si incazza) ma ha dei poteri fantastici. lei è bellissima, fortissima e si è allontanata solo per il suo bene. notare che questa scusa noi donne la usiamo spesso per allontanare uomini che in fin dei conti non ci hanno fatto niente di male ma che non vogliamo più tra i piedi. se stanno vicini muoiono, se stanno lontani vivono invincibili, forti e cazzuti, anche se malinconici.
l'idea di partenza è a mio avviso molto buona: sfatare un po' il mito dei super-eroi, far vedere cosa accade quando tentano di salvare il mondo, far vedere gli effetti collaterali di grandi gesti che si materializzano in grandi disastri. poi si perde nel romantico.
non portate i vostri bambini a vederlo. non è un film tipo superman o spiderman. è un film tipo "e adesso arriva polly", da ridere, ma non per bambini.

prendete un pugno di attori famosi e dotati di talento, due fratelli registi ironici e intelligenti mescolateli ben bene ed ecco un film da non perdere.
in questa storia tutti sembrano divertirsi, e il divertimento ha contagiato anche me.
il prezzo del biglietto è ben ripagato da un brad pitt e un george clooney che dimostrano di saper recitare oltre ad essere dei gran bei maschi. anche se il mio sogno proibito si chiama john malkovich. e comunque tutti gli attori si sono reinventati in questo splendido grottesco dove sembra aleggiare la superficialità e la scemenza. in realtà una finta spy story che ci racconta la miseria di vite in cui l'imperativo è: apparire.
i personaggi si intrecciano, si mescolano, si ride in questa storia di inganni e bugie, fino alla conclusione che ci riporta da dove siamo partiti: in una veduta aerea di washington. quasi a simboleggiare che ogni storia, ogni vita è importante e degna di nota, ma diventa nulla se guardata con la giusta distanza.
sono sicura che la fila davanti alla mia, occupata integralmente da un gruppazzo di femminucce, sia rimasta molto delusa dal film. quando le ho viste arrivare armate di pop-corn e mega coca ho avuto la netta sensazione che ignorassero i registi del film. e non mi hanno delusa, uscendo con le facce scure e perplesse e lamentandosi del ruolo da cretino dato a brad.

è da venerdì che questo post è qui. lo avevo scritto in fretta, buttando giù le emozioni e le sensazioni appena arrivata al lavoro venerdì mattina. scritto su di un paio di foglietti di carta da riciclo che in fretta avevo anche infilato sotto la calcolatrice per non farli vedere alla collega. i foglietti sono rimasti lì. e nel fine settimana non ho fatto altro che dormire. eccoli. sempre in perfetto ritardo rispetto a questo mondo che corre via senza di me.
Ferzan Ozpetek è rimasto strettamente legato alle tematiche della complessità dei rapporti sociali contemporanei confezionando però un film molto lontano dal suo modo di raccontare. Non è esattamente una storia.
Sembra piuttosto una storia raccontata con la freddezza del documentario. Come a dire: guarda cosa succede se la mente si inoltra in abissi sconosciuti e pericolosi. Non spiega, non giustifica, non giudica. Racconta, lasciando spesso al non visto e al non esplicitato il compito di accompagnarci all'epilogo della storia.
Racconta l'ineluttabilità degli eventi. Racconta gli intrecci del destino, quelli che noi non riusciamo a controllare, quelli che non riusciamo neanche ad immaginare, quello stesso destino a cui nell'antica grecia neanche gli dei potevano sottrarsi.
La scena più commovente è stata quella in cui lei compra un gelato: crema e cioccolato. Noi abbiamo visto quel tanto che basta per intuire la tragedia, ma lei in quel momento, con quel gesto, si riappropria della sua vita. Sappiamo che mangia poco dalle parole del figlio, prende pillole dimagranti, ma dopo tante privazioni e sofferenze, in quel gesto riscatta tutto. Anche se è solo un attimo.
Il finale come quello de "Le fate ignoranti" (lo avete visto, vero? e rivisto e segnato il dvd a furia di rivederlo. se così non fosse ditelo che vi spiego cosa intendo): lei si ferma, guarda in macchina e dal suo sguardo capiamo che sa già tutto. Ha già "sentito" tutto prima di quell'ultimo squillo di cellulare che in dissolvenza ci lascia sulla poltrona impietriti e con una scomoda sensazione di pesantezza.
Con buona pace di Tarantino, che ha detto che Italia si fanno solo film deprimenti, questo film, a mio avviso, è riuscito a raccontare una storia la cui trama si può ritrovare in qualsiasi pagina di cronaca locale, in maniera assolutamente forte, poetica e delicata nello stesso tempo.
Forse non siamo capaci di fare del film d'evasione trasfigurando il nostro malessere, ma almeno non distruggiamo intere città per riportare un certo equilibrio.
Lo consiglio a chi ama, per davvero, perchè può scoprire che l'amore nella sua forma più potente può essere distruttivo.

ho visto anche io il nuovo multisala inagurato a Modena questa estate: il Victoria.
come se il cinema italiano attraversasse una fase di rinascita.
come se non ci fossero abbastanza sale cinematografiche che se la passano male anche a Modena. come se non ci fossero abbastanza luoghi dove intrattenere lo spettatore medio fra una proiezione e l'altra.
Cosa non si farebbe per un pop-corn in più.
esternamente è un cubo (leggi: un capannone industriale adattato), dentro ti accolgono i faccioni dei divi cinematografici di ogni tempo: chi sottoforma di locandina chi in forma di ritratto ispirato a Andy (sempre lui). e mentre fai la conta (questo ce l'ho, questo l'ho perso), hai anche il tempo di domandarti che cosa ci fa la locandina di Titanic in mezzo ad una affranta Sofia in ginocchio, disperata nella sua Ciociara e un Clark Gable con tra le braccia la sua Vivien Leigh.
seduto al tavolo dell'immancabile fastfood/bar, che qui vende piadina crescione ed erbazzone, scopri anche che le casse hanno la rete non protetta: Wi-Fi ZONE TM. e ad un occhio mediamente curioso non sfugge che la filodiffusione proviene da uno stereo (a palla) appoggiato su di una mensola del bar.
la tecnologia c'è: si vede e si sente all'interno della sala.
E i vostri € 7,50 non sono stati sprecati.
Ti voglio dare una piccola informazione confidenziale a proposito di Dio. A lui piace guardare: è un guardone giocherellone! Lui dà all'uomo gli istinti, concede questo straordinario dono, poi che fa? Fissa tre regole in contraddizione: guarda, ma non toccare! Tocca, ma non gustare! Gusta, ma non inghiottire! E mentre tu saltelli da un piede all'altro, lui che fa? Se ne sta là a sbellicarsi dalle matte risate.
05 settembre 2008 segnate la data sul calendario.
Se avete sempre saputo che Antonia sarebbe tornata sul finale di "Le fate ignoranti", se vi ha commosso la storia di Davide ne "La finestra di fronte", se "Saturno Contro" vi ha lasciato quella punta di amaro in bocca che solo la vita riesce a dare, credo che valga la pena di lasciarsi andare alla visione del nuovo film di Ferzan Ozpetek.
Di trailer su you tube ne trovate ancora. Buona visione.
Se avete sempre saputo che Antonia sarebbe tornata sul finale di "Le fate ignoranti", se vi ha commosso la storia di Davide ne "La finestra di fronte", se "Saturno Contro" vi ha lasciato quella punta di amaro in bocca che solo la vita riesce a dare, credo che valga la pena di lasciarsi andare alla visione del nuovo film di Ferzan Ozpetek.
Di trailer su you tube ne trovate ancora. Buona visione.
In realtà non so se voglio parlare del film o della canzone.
So solo che il ritornello di Society mi tormenta da giorni, e ogni volta che la ascolto mi commuovo. Sarà semplicemente la musica o il suo testo con quel messaggio così preciso, che ogn'uno di noi dovrebbe ripetersi tutte le mattine, prima di tuffarsi nel cieco e stupido gioco dell'umanità
E poi c'è questo film, questa storia vera, raccontata senza scivolare nell'ovvio e nel banale. Una storia straordinaria, di quando la vita supera la fantasia, raccontata senza far apparire il protagonista una specie di sognatore, ma solo un uomo che voleva dimostrare prima di tutto a se stesso, di poter tornare a vivere in simbiosi con la natura, attento ai bisogni primari, senza falsi obiettivi e falsi ideali, tornare a far parte del mondo animale e come animal-umano vivere.
Chi di noi sarebbe capace di abbandonare tutte le sue sicurezze, le sue certezze per provare un nuovo stile di vita? Non dico di abbandonare la civiltà emuli del protagonista, ma anche solo reinventarsi la vita nelle piccole cose per rendere questo posto un posto migliore: rispettare la fila la cassa, non affiancare la prima macchina al semaforo per scattare insieme al verde, riuscire a dare una seconda possibilità a chi ha sbagliato.
Ecco, adesso l'idealista la sto facendo io. E prima di cascarci io nell'ovvio e nel banale, vi lascio la canzone che mi tormenta. Che possa tormentare anche voi.
So solo che il ritornello di Society mi tormenta da giorni, e ogni volta che la ascolto mi commuovo. Sarà semplicemente la musica o il suo testo con quel messaggio così preciso, che ogn'uno di noi dovrebbe ripetersi tutte le mattine, prima di tuffarsi nel cieco e stupido gioco dell'umanità
pensi di dover volere
più di quello di cui hai bisogno
finché non hai tutto non sarai libero
E poi c'è questo film, questa storia vera, raccontata senza scivolare nell'ovvio e nel banale. Una storia straordinaria, di quando la vita supera la fantasia, raccontata senza far apparire il protagonista una specie di sognatore, ma solo un uomo che voleva dimostrare prima di tutto a se stesso, di poter tornare a vivere in simbiosi con la natura, attento ai bisogni primari, senza falsi obiettivi e falsi ideali, tornare a far parte del mondo animale e come animal-umano vivere.
Chi di noi sarebbe capace di abbandonare tutte le sue sicurezze, le sue certezze per provare un nuovo stile di vita? Non dico di abbandonare la civiltà emuli del protagonista, ma anche solo reinventarsi la vita nelle piccole cose per rendere questo posto un posto migliore: rispettare la fila la cassa, non affiancare la prima macchina al semaforo per scattare insieme al verde, riuscire a dare una seconda possibilità a chi ha sbagliato.
Ecco, adesso l'idealista la sto facendo io. E prima di cascarci io nell'ovvio e nel banale, vi lascio la canzone che mi tormenta. Che possa tormentare anche voi.

Shyamalan ha confezionato un altro gioiellino cinematografico. A mio avviso è un regista capace di mescolare i generi più disparati confezionando prodotti difficili da etichettare.
Il film mi ha trasmesso inquietudine, un senso di ineluttabilità delle cose e del divenire. L'umanità alle prese con qualcosa che li uccide facendoli impazzire. All'inizio non si sa se è nell'aria, nel cibo o nell'acqua. Confusione e morte.
Succede nelle grandi città, dove ci sono molte (troppe) persone. La massa che si stermina per sua stessa mano. Una critica alle politiche delle multinazionali? Alle scelte di marketing che ci vogliono omologati e contenti?
Per sopravvivere bisogna scappare dai grandi agglomerati urbani, ridurre i gruppi in piccole unità, fino ad arrivare allo zero: novelli Adamo ed Eva che si salvano per garantire un futuro migliore alla bambina rimasta orfana.
I significanti in questa storia sarebbero tanti, forse troppi, ma riconducibili ad una sola unità: non siamo gli unici abitanti di questo pianeta e ne dovremmo tenere conto. La nostra condotta ci sta portando verso l'autodistruzione.
Dall'altra è una favola, nel senso più classico, e il finale ci insegna che dobbiamo rimanere sempre vigili con gli occhi ben aperti.

Che cosa ci faccio io qui? Questa è la domanda Jimi. Perché sono qui e non altrove. Forse Lisa ha bisogno di Jimi? e Jimi di Lisa? Ma l'amore è ben altro che bisogno o dipendenza. L'amore è amore e basta. Non devi aspettarti niente in cambio. Ma noi? Noi ci amiamo ancora Jimi? Che cosa ci fa qui Lisa?
Questo è l'incipit di uno dei miei film preferiti. Uno di quei (tanti) film che in un certo periodo della mia vita ho visto al cinema, da sola, allo spettacolo del pomeriggio, altrimenti non c'erano gli autobus per tornare a casa.
Potrebbe essere etichettato banalmente come un film di fantascienza. Forse lo è. Ma non solo. E' il viaggio di un uomo alla ricerca dell'amore che alla fine troverà se stesso. In anticipo sui fratelli Wachowsky, Salvatores ci racconta in modo esemplare cosa significa vivere in un presente che crediamo vero, ma in realtà è solo un mondo creato da qualcun'altro in cui noi, attori inconsapevoli, facciamo la nostra parte. Attraverso la presa di coscienza del personaggio di un videogame progettato dal protagonista, vedremo con i nostri occhi cosa significa ripetere in maniera inconsapevole gli stessi gesti, senza renderci conto di essere solo delle marionette manovrate da mani abili, che conoscono e manipolano il codice di programmazione, facendoci credere di poter scegliere.
Me ne ricordo adesso alla fine di una riflessione: mi sto perdendo. Sto permettendo al mio lavoro di condizionarmi completamente, di cambiarmi, di dimenticarmi. Mi assorbe talmente che dimentico chi sono, cosa mi piace veramente. Sto permettendo ad una cosa che dovrebbe essere solo il contorno della mia vita di occuparla totalmente, lasciandomi stanca, con poco tempo a disposizione e vuota, più ignorante e lontana da me.
Confondo per realtà una condizione temporanea, giornaliera, ma temporanea. Devo essere capace di staccare, di guardarmi allo specchio, ed essere capace di tornare indietro. A quella che ero, ai miei veri sogni, alle mie vere aspirazioni.

Ho rivisto "Saturno contro". I film belli andrebbero sempre rivisti, e poi ancora e ancora.
Magari non arrivare a recitare a memoria le battute dei film come è successo a me con "Nirvana" o con "Pensavo fosse amore invece era un calesse", ma se un film è piaciuto, andrebbe rivisto.
Si ripercorre nuovamente l'emozione della visione, con la possibilità di scoprire nuove, piccole cose che magari alla prima erano sfuggite.
Anche stavolta il film mi ha emozionato, in altre parole: ho pianto.
E' vero che ultimamente mi emoziono anche davanti al mio gatto che riesce a passare silenzioso nella gattaiola nonostante i suoi quasi 8 chili, ma questa è un'altra storia.
La re-visione ha rinnovato dentro me la consapevolezza che bisogna vivere ogni giorno in maniera speciale, perché non sappiamo cosa ci può succedere inaspettatamente. E che dobbiamo rendere speciale non solo il nostro tempo, ma far sentire speciali le persone a cui vogliamo bene.
I temi trattati attaccati all'attualità e alla quotidianità: la coppia omosessuale che si ama e si rispetta ma che è poco amata e poco rispettata dalle persone considerate "normali", la coppia istituzionale, quella sposata in realtà scoppiata e complicata, la generazione trentenne spaesata e drogata. Un piccolo spaccato sociale realistico e romantico.
Nessun finale consolatorio, nessun happyend, solo la consapevolezza di dover respirare forte sempre, perché sempre è solo un avverbio e noi non viviamo solo di parole.
Su tutto una colonna sonora avvolgente, un po' malinconica, dal gusto retro.
Da domani un nuovo inizio.
Lascio il mio adorato ufficio per tuffarmi in una nuova realtà.
Lascio all'immagine il compito di raccontare come mi sento

E non venitemi a dire che non avete mai visto il film.
Lascio il mio adorato ufficio per tuffarmi in una nuova realtà.
Lascio all'immagine il compito di raccontare come mi sento

E non venitemi a dire che non avete mai visto il film.

Ci ho visto una scena di Figh Club, ci ho visto una battuta alla Troisi, ma soprattutto ho visto la provincia italiana. L'immobile provincia italiana, dove invece succede tutto.
Stefano (Mastrandea) da quel paesino di provincia è scappato tanto tempo fa per rifugiarsi a Roma dove insegue il sogno di fare musica. Ad un certo punto si rende conto che la sua vita è ad un punto morto e torna a casa, così facciamo la conoscenza della sua famiglia.
E scopriamo che la sua famiglia non è quel nido caldo a cui far ritorno per potersi riposare e ristorare. Perché la realtà è che la famiglia italiana non è la famiglia mulinobianco che da 30 anni a questa parte vogliono farci credere.
Mi ha lasciato un po' l'amaro in bocca, ma mi ha anche fatto riflettere.
Ho già raccontato della mia situazione, e questa storia mi ha lasciato un interrogativo: chi ha avuto più coraggio fra i due fratelli? Quello che è andato via affrontando l'ignoto per inseguire i suoi sogni o quello che è rimasto affrontando la routine della vita quotidiana occupandosi degli affari di famiglia?
Il film è carinissimo. Si ride, si sorride, ci si commuove. Soprattutto si guarda da un luogo privilegiato (la nostra poltrona) le nevrosi, i conformismi e le ipocrisie con cui ci confrontiamo e a volte ci confondiamo.
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